Vinum, l’eredità degli Etruschi
Pochi popoli dell’antichità suscitano fascino e mistero in egual misura: l’eredità degli Etruschi si è sedimentata nella storia della penisola integrandosi completamente con quella di Roma. Non va dimenticato infatti che l’influenza anche demografica degli Etruschi sulla Roma monarchica fu così potente che gli ultimi tre re furono proprio Etruschi, e che Tarquinio Prisco – il primo di essi – aveva origine greca.
Non stupisca perciò scoprire che la parola che identifica il nostro amato elisir ha origine Etrusca – da influenze greche – e non Latine: vinum pare proprio essere il termine in uso presso gli Etruschi per indicare il succo d’uva fermentato. E pure il consumo di vino fu accelerato dalla commistione con gli Etruschi, che già in età precedenti avevano sviluppato delle tecniche piuttosto avanzate, probabilmente sulla spinta di influenze greche o puniche.
I primi impianti – detti “palmenti” - per la produzione del vino infatti erano ricavati direttamente dalla nuda roccia, scavando e modellando vasche comunicanti nel tufo o materiali simili. In una prima vasca si pigiava l’uva con i piedi, attraverso uno stretto foro passava il mosto che si depositava nella vasca inferiore dove restava a fermentare. Oppure veniva raccolto per completare la vinificazione in recipienti di terracotta.
Dunque la Toscana, senza volersi addentrare in delicate e non facili da districare questioni storiografiche, fu di certo motore per la diffusione della cultura del vino in tutta la penisola, a partire da quella Roma che gli Etruschi all’apice della loro potenza governarono per oltre un secolo.