Maremma, e i suoi vini rossi
Non sono infrequenti nel nostro paese i territori che discostano la loro forma e sostanza storica dai confini amministrativi, separando quello che è unito o mescolando quel che è distinto. Capita con la Romagna, con la Garfagnana, con la Lunigiana solo per fare esempi alcuni. Stessa sorte per la Maremma che dalla Toscana costiera tracima fino al Lazio, alle porte di Civitavecchia.
Maremma è un territorio altro e altero rispetto alla Toscana delle Crete, del Chianti, della Firenze turistica, così come dal Casentino. Variegato, nella storia e nell'attualità, con un pannello di esempi di umanità di rara profondità, a volte unici: dai butteri ai minatori, dagli etruschi alle paludi. Un territorio nato e rinato, rivissuto e radicalmente cambiato nel corso dei secoli, dall'età d'oro preromana alla decadenza medievale, e alla riscoperta dei giorni nostri come luogo di visita, di vita, di avventura.
Due sono le probabili origini del nome: una dal latino maritima, la seconda dal castigliano marismas che significa “palude”. Ipotesi plausibile perchè fu appunto nel Medioevo che il ristagno dei fiumi dovuto all'innalzamento della linea costiera provocò la formazione dei temibili stagni, fomento di malattie e malarie nei secoli a venire. Da "pingue granaio d'Etruria" a landa desolata, citata anche dall'Alighieri nel suo Inferno. Fu solo nel 1828 a firma di Leopoldo II che il Granducato di Toscana mise mano al tema e lo risolse con la Grande Bonifica. Con lo scavo di un canale detto "Seggio Nuovo" la bonifica ebbe successo, con i suoi 5000 operai, nel 1830. La successiva, poderosa spinta agricola è cosa dei giorni nostri.
Non a caso la Maremma sa esprimere una importante varietà di vini, che come sempre accade raccontano la terra che li genera. E se sono i bianchi che corrono alla mente immaginando le coste bagnate dal Tirreno, sono rossi i vini che hanno conquistato l'immaginario collettivo in tempi più recenti, classificandoli ai vertici dell'attenzione di commentatori ed appassionati. Dalle denominazioni più romantiche, come Montecucco e Monteregio fino al Sovana, per esplodere nella scrosciante popolarità del Morellino, fino al Sassicaia, nell'ultima propaggine bolgherese della Maremma Livornese. Perchè di Maremma non ve n'è una sola: ma questa è una storia che racconteremo altrove.
La denominazione Morellino, la cui definizione esatta è Morellino di Scansano DOC, è stata un vero e proprio successo di popolo e di critica, come si suol dire. Questa interpretazione del tutto peculiare del Sangiovese, con un saldo dei tradizionali vitigni locali a bacca nera - “Canaiolo”, “Ciliegiolo”, “Malvasia”, “Colorino”, “Alicante” - e più recentemente degli internazionali, ha suscitato un grande interesse per il suo carattere e per la sua versatilità. La zona di produzione storica, recita il sito del Consorzio del Morellino, comprende tutto il Comune di Scansano e parte dei Comuni di Campagnatico, Grosseto, Magliano in Toscana, Manciano, Roccalbegna, Semproniano. Un territorio molto vasto, con situazioni pedoclimatiche assi diverse che vanno da vigneti quasi lambiti dal mare fino ad appezzamenti collinari, con una varietà di sfumature infinita.
Per questo è assai difficile tracciare un profilo organolettico comune a una così vasta estensione e a un così ampio spettro gustativo, ma il rosso rubito intenso, cuore oscuro e unghia brillante; il naso fresco e tracciato di marasca e prugna; il tannino scolpito con garbo sono tratti comuni e condivisi. La produttività, limitata al di sotto dei 90q.li per ettaro, ne sancisce ulterioriormente l'ambizione di vino di grande spessore.
Scansano poi è un paesello pieno di scorci interessanti che meriterebbe una visita: il Morellino non ne è altro che l'espresisone più manifesta.
Ruffino ha presentato recentemente il suo Morellino di Scansano DOCG Rosso di Marte.
Maremma è un territorio altro e altero rispetto alla Toscana delle Crete, del Chianti, della Firenze turistica, così come dal Casentino. Variegato, nella storia e nell'attualità, con un pannello di esempi di umanità di rara profondità, a volte unici: dai butteri ai minatori, dagli etruschi alle paludi. Un territorio nato e rinato, rivissuto e radicalmente cambiato nel corso dei secoli, dall'età d'oro preromana alla decadenza medievale, e alla riscoperta dei giorni nostri come luogo di visita, di vita, di avventura.
Due sono le probabili origini del nome: una dal latino maritima, la seconda dal castigliano marismas che significa “palude”. Ipotesi plausibile perchè fu appunto nel Medioevo che il ristagno dei fiumi dovuto all'innalzamento della linea costiera provocò la formazione dei temibili stagni, fomento di malattie e malarie nei secoli a venire. Da "pingue granaio d'Etruria" a landa desolata, citata anche dall'Alighieri nel suo Inferno. Fu solo nel 1828 a firma di Leopoldo II che il Granducato di Toscana mise mano al tema e lo risolse con la Grande Bonifica. Con lo scavo di un canale detto "Seggio Nuovo" la bonifica ebbe successo, con i suoi 5000 operai, nel 1830. La successiva, poderosa spinta agricola è cosa dei giorni nostri.
Non a caso la Maremma sa esprimere una importante varietà di vini, che come sempre accade raccontano la terra che li genera. E se sono i bianchi che corrono alla mente immaginando le coste bagnate dal Tirreno, sono rossi i vini che hanno conquistato l'immaginario collettivo in tempi più recenti, classificandoli ai vertici dell'attenzione di commentatori ed appassionati. Dalle denominazioni più romantiche, come Montecucco e Monteregio fino al Sovana, per esplodere nella scrosciante popolarità del Morellino, fino al Sassicaia, nell'ultima propaggine bolgherese della Maremma Livornese. Perchè di Maremma non ve n'è una sola: ma questa è una storia che racconteremo altrove.
La denominazione Morellino, la cui definizione esatta è Morellino di Scansano DOC, è stata un vero e proprio successo di popolo e di critica, come si suol dire. Questa interpretazione del tutto peculiare del Sangiovese, con un saldo dei tradizionali vitigni locali a bacca nera - “Canaiolo”, “Ciliegiolo”, “Malvasia”, “Colorino”, “Alicante” - e più recentemente degli internazionali, ha suscitato un grande interesse per il suo carattere e per la sua versatilità. La zona di produzione storica, recita il sito del Consorzio del Morellino, comprende tutto il Comune di Scansano e parte dei Comuni di Campagnatico, Grosseto, Magliano in Toscana, Manciano, Roccalbegna, Semproniano. Un territorio molto vasto, con situazioni pedoclimatiche assi diverse che vanno da vigneti quasi lambiti dal mare fino ad appezzamenti collinari, con una varietà di sfumature infinita.
Per questo è assai difficile tracciare un profilo organolettico comune a una così vasta estensione e a un così ampio spettro gustativo, ma il rosso rubito intenso, cuore oscuro e unghia brillante; il naso fresco e tracciato di marasca e prugna; il tannino scolpito con garbo sono tratti comuni e condivisi. La produttività, limitata al di sotto dei 90q.li per ettaro, ne sancisce ulterioriormente l'ambizione di vino di grande spessore.
Scansano poi è un paesello pieno di scorci interessanti che meriterebbe una visita: il Morellino non ne è altro che l'espresisone più manifesta.
Ruffino ha presentato recentemente il suo Morellino di Scansano DOCG Rosso di Marte.
Paludi, mandrie brade, butteri, malaria, banditi, Miscuglio di antica civiltà e vita selvaggia…mitologia mediterranea
[Guido Piovene, 1960]