L'altro Sangiovese è bianco

L’Italia presenta il più differenziato patrimonio varietale del mondo, con oltre 545 varietà di vite da vino e 182 da tavola. Molte di queste hanno reso il vino italiano famoso in tutto il mondo, ma c’è un vitigno che per la sua tradizione racconta una storia particolarmente affascinante: il Sangiovese, l’uva a bacca rossa più coltivata in Italia. 

Tante le storie e i miti, tramandati nel corso della storia, sull’origine di questo vitigno. Sembra infatti che il Sangiovese fosse già noto agli Etruschi e si sia diffuso nell’Italia centrale seguendone le rotte commerciali. Altri raccontano che il nome derivi da Sanguis Jovis, sangue di Giove, nome attribuitogli da un monaco cappuccino del convento di Sant’Arcangelo di Romagna, nei pressi del monte Giove. Chi sostiene che derivi da Sangiovannese in quanto originario di San Giovanni Valdarno; altri invece lo fanno risalire alla forma dialettale Sangiovannina dato il suo precoce germogliamento che avviene intorno alla fine di giugno e coincide con la festa di San Giovanni Battista, celebrata il 24 giugno. È però nel “Trattato della coltivazione delle viti e del frutto" dell’agronomo toscano Soderini che si parla per la prima volta di Sangiovese come «vitigno sugoso e pienissimo di vino…Che non fallisce mai». 

In generale, quando si parla di Sangiovese, si parla di una famiglia di uve definite da un gran numero di cloni, che si sono adattati nel corso dei secoli e nei diversi territori. Ad oggi si contano oltre 100 cloni di questo vitigno, ma non è stato sempre così. Fino alla metà del secolo scorso infatti, erano soltanto cinque i biotipi conosciuti di Sangiovese, distinti in base alla forma del grappolo e a qualche attitudine colturale. Alcune ricerche genetiche svolte agli inizi degli anni 2000 hanno documentato che questa varietà non è imparentata con nessuna delle viti selvatiche toscane se non con un vitigno minore di origini incerte, il Ciliegiolo, coltivato non solo in Toscana ma anche in alcune regioni del sud Italia. Solo recentemente si è identificato l’altro genitore del Sangiovese nel vitigno Negro Dolce di Puglia, un’antica varietà autoctona praticamente scomparsa.

Attualmente il Sangiovese viene impiegato in oltre 243 vini Doc e Docg italiane e non è così strano sentir dire che il sangiovese è stato uno dei primi amori nel calice di tanti appassionati. Questo vitigno ha la caratteristica di essere estremamente versatile: alle giuste condizioni regala vini di grande eleganza e longevità, ma è possibile coltivarlo anche per vini da tutti i giorni e meno impegnativi. Riesce ad adattarsi a vari terroir e stili produttivi ottenendo interessanti espressioni anche vinificato in bianco o spumantizzato, per non parlare dei vini dolci prodotti grazie all’appassimento naturale dei grappoli di Sangiovese.

Siamo abituati a sentire dire che i vini stilisticamente sono sempre gli stessi. Per fortuna non è così, non solo a causa della diversa tecnologia enologica usata o per conoscenze diverse in campo di vinificazione, ma anche perché il gusto del consumatore nel tempo è notevolmente cambiato.

Un tema che fino ad ora non è stato adeguatamente esplorato è la vinificazione in bianco del Sangiovese, il procedimento enologico che grazie ad una rapida separazione dei mosti dalle bucce durante la pressatura consente di limitare se non azzerare la cessione di coloranti. Questa tecnica è particolarmente interessante nel caso del Sangiovese perché consente di tenere integri i profumi primari del vitigno, pur nella loro espressione più delicata e nello stesso tempo tenere sotto controllo il potente corredo tannico tipico di queste uve per ottenere un sorso levigato e fresco, ed estremamente piacevole. L’acidità piuttosto marcata assieme ad uno spettro olfattivo floreale tra i più raffinati, rende il Sangiovese vinificato in bianco un vino vibrante quanto delicato dal sorso sapido e minerale con una grande struttura e carattere.

Un esempio quasi epigrammatico di questo approccio è rappresentato da Aqua di Venus bianco, presentato da qualche mese da Ruffino con immediati riscontri di gradimento. Si tratta di  un blend che racconta e rappresenta il territorio della Maremma ma che dà anche una voce del tutto particolare al più rappresentativo dei vitigni toscani: il Sangiovese appunto, in una veste inusuale e innovativa, affiancato da Vermentino e Chardonnay. Un incontro che rende questo vino unico nel suo genere.

È innegabile che il mercato sia pronto per una nuova espressione del sangiovese: vedremo quali impulsi giungeranno dai produttori per esplorarne la sempre più sorprendente versatilità.

Nella foto: l'insolito abbinamento di un vino a base Sangiovese "in bianco" con del manzo marinato
[Locanda Le Tre Rane - Ruffino]