Insieme, all'improvviso
Dal privilegiato osservatorio di chi le ha potute osservare da entrambi i versanti della barricata, queste nuove-vecchie – erste-neue come dicono al nord – manifestazioni hanno lasciato un segno diverso ma ugualmente indelebile di quelle che ci erano consuete, mai dimenticate, ma in qualche modo archiviate.
La memoria è selettiva, e funziona come un pavimento a piastrelle: alcune chiare, alcune scure, alcune rigate. Altre, sbeccate. E ci ricordavamo di quelle giornate al caldo o alla pioggia, ma sempre con la folla alle calcagna, i gomiti ficcati nel costato, i piedi a zampogna, la schiena fessa.
Ci ricordavamo quel tempo di galoppate furiose a trovare una stanza, a districarsi tra le cento cose da vedere e le mille che ti perdevi. Gli amici, i semplici conoscenti, le mani sudate da stringere, l’imbarazzo del dopo-ciao-come-stai e del non ricordarsi comediavolosichiama. Sfuggire alla figuraccia con un “là tutto bene?” che poi nessuno sapeva cos’era quel "là", ma davi a intendere di saperla lunga.
Poi calò la mannaia.
Quest'anno all’improvviso, la mail ha ricominciato a turbinare inviti, il calendario a riempirsi di crocette, l’orario dei treni tornare amico. E i badge e i pass e gli accrediti e le discussioni con i totem all’ingresso, sa faccio solo il mio lavoro.
Da Aprile dolce dormire a Maggio va adagio ci sono piovuti addosso fiere e congressi, grossi e grassi o più magrolini e sussurrati: il Vinitaly e Summa, Identità Golose e Cibus, e in mezzo tutto il resto. Roba da far tremare ai polsi le vene.
Eppure andammo e ci guardammo attorno, chiedendoci se anche noi avevamo quella faccia lì, quella dei gatti che occhieggiano la porta mezza aperta, desiderosi di fare un passo ma temendo che il passo sia falso. Oppure quella degli spavaldi, che marciavano a passo di carica con le loro cravatte e i loro iPad, Savoia avanti! O i prudenziali, aggrappati alla loro mascherina sottogola. I gaudenti, latrare risate smisurate da mane a sera. Gli efficientisti chini sui loro portatili. I farfalloni, saltabeccare di qua e di là. Il tutto condito da una insalata mista di sorrisi talvolta svestiti talvolta no, di strette di mano che erano pugni che poi diventavano strette di mano.
E abbiamo di nuovo assaporato, la sera, i piedi a zampogna e la schiena fessa. E non ci siamo lamentati, perché se la fatica è questa, meglio la fatica della paura.
La memoria è selettiva, e funziona come un pavimento a piastrelle: alcune chiare, alcune scure, alcune rigate. Altre, sbeccate. E ci ricordavamo di quelle giornate al caldo o alla pioggia, ma sempre con la folla alle calcagna, i gomiti ficcati nel costato, i piedi a zampogna, la schiena fessa.
Ci ricordavamo quel tempo di galoppate furiose a trovare una stanza, a districarsi tra le cento cose da vedere e le mille che ti perdevi. Gli amici, i semplici conoscenti, le mani sudate da stringere, l’imbarazzo del dopo-ciao-come-stai e del non ricordarsi comediavolosichiama. Sfuggire alla figuraccia con un “là tutto bene?” che poi nessuno sapeva cos’era quel "là", ma davi a intendere di saperla lunga.
Poi calò la mannaia.
Quest'anno all’improvviso, la mail ha ricominciato a turbinare inviti, il calendario a riempirsi di crocette, l’orario dei treni tornare amico. E i badge e i pass e gli accrediti e le discussioni con i totem all’ingresso, sa faccio solo il mio lavoro.
Da Aprile dolce dormire a Maggio va adagio ci sono piovuti addosso fiere e congressi, grossi e grassi o più magrolini e sussurrati: il Vinitaly e Summa, Identità Golose e Cibus, e in mezzo tutto il resto. Roba da far tremare ai polsi le vene.
Eppure andammo e ci guardammo attorno, chiedendoci se anche noi avevamo quella faccia lì, quella dei gatti che occhieggiano la porta mezza aperta, desiderosi di fare un passo ma temendo che il passo sia falso. Oppure quella degli spavaldi, che marciavano a passo di carica con le loro cravatte e i loro iPad, Savoia avanti! O i prudenziali, aggrappati alla loro mascherina sottogola. I gaudenti, latrare risate smisurate da mane a sera. Gli efficientisti chini sui loro portatili. I farfalloni, saltabeccare di qua e di là. Il tutto condito da una insalata mista di sorrisi talvolta svestiti talvolta no, di strette di mano che erano pugni che poi diventavano strette di mano.
E abbiamo di nuovo assaporato, la sera, i piedi a zampogna e la schiena fessa. E non ci siamo lamentati, perché se la fatica è questa, meglio la fatica della paura.