Bussana Vecchia, utopia d’arte

Se la costa ligure è l’epidermide della regione, e i porti ne rappresentano i centri nevralgici. Se Genova è il cuore e le grandi vie che la percorrono da Levante a Ponente sono le vene e le arterie, l’entroterra ligure dà corpo all’anima più recondita e vera di questa regione bella e impossibile.

Già all’epoca dei Romani antichi da queste parti la leggendaria ospitalità ligure costituiva una letteratura a parte: tanto erano ingovernabili i Liguri delle tribù dell’entroterra che si rinunziò, dall’Urbe, a domesticarli, e per il numero esiguo e la rusticità delle loro vite non costituirono motivi particolari di preoccupazione.

Un segno caratteristico che governa tutt’ora l’impervio interno, spalmato sulla verticale delle montagne che improvvise s’ergono dal pelo dell’acqua e attraverso strade che subito diventano stradine e stradette, strette e nervose, fino alle asperrime alture. Dove però s’aprono scenari ricchi di un fascino mai gridato, ma avvolgente, spesso commovente.

È proprio in una di queste scenografie che la storia si squarcia in uno di quei momenti così drammatici da segnare la linea di confine di un popolo, quello di Bussana. Che alla messa di un Mercoledì delle Ceneri, sul finire del secolo XIX, si trova spazzato via dalle proprie case e dal proprio futuro da un violento terremoto. Per forza e senza amore gli abitanti di Bussana lasciano il paese per una delle tante transumanze di ricostruzione: sradicati dalla speranza di rimettere in sesto il paese, voltano le spalle al campanile, miracolosamente rimasto in piedi.

Tocca attendere ben più mezzo secolo prima che per caso o per fortuna alcuni artisti dal vago retrogusto bohemien decidano di prendere quartiere a Bussana, che ormai per tutti è diventata Bussana Vecchia. Ispirati dall’isolamento, dalle dure condizioni di vita a lume di candela e secchi d’acqua, dalle albe struggenti e dai tramonti lirici a cavallo degli anni sessanta s’inventano uno dei capolavori intramontabili della Freakitudine: La Comunità Internazionale di Artisti di Bussana Vecchia.

L’utopia scava sempre profondi solchi nell’animo romantico, e la piccola congrega si unisce attorno a una “Costituzione” che viene depositata e registrata con atto notarile. Una vera e propria “Comune” pervasa da spirito libertario, scarsa attitudine alla formalità e forte spinta alla creatività senza confini.

Fosse semplice, la regola sarebbe ovunque applicata: ma nel mondo dei complicazionismi non appena il piccolo borgo accenna a palesare un filo di vita, un segno di rinascita, si risvegliano le rivendicazioni proprietarie. E se la motivazione di fondo non è più così pura, anche le comodità diventano un’esigenza: si allacciano acqua ed elettricità, e le forme di produzione artistica, contaminate da un turismo sempre meno elitario, deragliano verso l’artigianato prima, e la paccottiglia poi.
Risparmiamo al lettore gli ultimi decenni di lotte legali, di liti e contenziosi, di ideali infranti contro il muro del denaro e della proprietà privata: dagli anni ottanta l’utopia primeva di Bussana Vecchia è via via normalizzata, e oggi non ne restano che tracce nel “Laboratorio Aperto” in cui tutt’ora si prova a combattere la confusione tra i prodotti commerciali e i prodotti artistici. Lascia alle spalle un’altra storia di sogni frantumati, possiamo però immagina di salire a Bussana Vecchia, sorridere agli atelier in quell’oretta che occorre per vedersi il borgo, e affidarsi all’istinto per cercare, e trovare, qualche frammento dell’originale purissima ispirazione.

"Dato che i ruderi non sono più di proprietà di nessuno, chiunque voglia stabilirsi nel villaggio può scegliersi il proprio rudere e ristrutturarlo usando esclusivamente i materiali ancora presenti sul luogo. Si può usufruire di tale luogo per sole finalità artistiche, e quando si decide di abbandonare il villaggio, colui che subentra deve solo rifondere simbolicamente le spese effettuate per la ristrutturazione. In caso di abbandono per più di tre anni, il luogo ritorna alla Comunità, che ne può stabilire la nuova assegnazione ad altri artisti. Inoltre non è consentito vendere le proprie opere o mettere in piedi atelier in questi luoghi."
[Wikipedia].