Bardiccio, pane sciocco e un gottino di Chianti nel fiasco
Quando si andava dal "macellaro", la bottega dove si comprava la carne, lo si faceva con una certa reverenza, anche indossando gli abiti meno lisi. La ciccia era roba da ricchi e in tasca purtroppo c’erano sempre pochi spiccioli. Ci si avvicinava al garzone, intimiditi, e si sussurrava senza farsi sentire dai signori, usuali avventori: "Del bardiccio, per favore". Il bardiccio era una delle poche cose che ci si poteva permettere in macelleria, ma fortuna anche fra le più buone.
Certo, non roba da schizzinosi. Le sue carni sono scorbutiche e saporite, proprio come certe bestemmie intercalate zappando la roccia dura sotto il sole cocente. Ma sotto quella pellaccia burbera, ruvida e screpolata, il bardiccio ha un cuore tenero e un gusto irresistibile. Ma cos'è il bardiccio? Il bardiccio, o salsiccia fiorentina, é un insaccato di maiale a base di quinto quarto - cuore, polmone, fegato, milza - speziato con aglio e finocchietto, originario della Valdisieve.
Non è chiaro chi abbia inventato per primo il bardiccio, anche se l’erede di una storica macelleria di Rufina attribuisce con convinzione la primogenitura a suo nonno. A ogni modo, come ogni piatto povero, tramandato di bocca in bocca, ne esistono molte interpretazioni e ogni macellaio ha la sua ricetta gelosamente custodita. La meravigliosa espressione dialettale "infinocchiare", usata oggi a indicare un inganno ai danni di un Calandrino, un personaggio credulone, sciocco e beota, suggeriva la pratica di drogare le carni, le meno nobili, le terze scelte, con dei semi di finocchietto al fine di lenire sapori troppo decisi.
Il bardiccio si è sempre accompagnato con il vino più rappresentativo della Valdisieve, il Chianti, nel suo tradizionale recipiente, il fiasco. Il fiasco è una icona di gusto tutta italiana, come la caffettiera o la pizza.
Ha la forma panciuta, espressione di una soffiatura del vetro. E’ abbracciato dalla paglia. E la sua è una storia infinita che affonda le sue radici molti secoli fa, nelle stesse terre fra la Sieve e l’Arno che hanno creato il bardiccio. Le sue origini risalgono al Trecento nel centro Italia, dove vi era una fiorente attività di vetrai, come comprovato dalle tracce di fornaci. Numerose testimonianze artistiche dell’epoca mostrano come il fiasco fosse un contenitore di uso comune in Italia: infatti parla già di fiasco il Boccaccio nel “Decamerone”, mentre illustri opere di Sandro Botticelli e Domenico Ghirlandaio, soltanto per citarne due, ritraggono scene di vita quotidiana che includono fiaschi.
Fu grazie all’intuito di aziende come la Ruffino, fondata a Pontassieve nel 1877 che il fiasco, a fine Ottocento, divenne la bottiglia del Chianti e uno dei segni di italianità più conosciuti e amati al mondo. Nel chiaroscurale periodo del dopoguerra fino agli anni Settanta, l’importanza del fiasco nel tessuto sociale e culturale in cui si inserisce è cardinale. A Pontassieve si trovava una famosa vetreria per soffiare il vetro, e molte donne del paese, e dei paesi vicini fino a un raggio di quasi cinquanta chilometri, intrecciavano la paglia per ricoprire la pancia del fiasco con movimenti svelti e abitudinari, al fine di renderlo stabile, resistente ed evitare la dannosa esposizione diretta alla luce. Pane sciocco, bardiccio e un gottino di Chianti: fiasco e bardiccio condividono le stesse origini sia geografiche che culturali e insieme creano un binomio di saporita convivialità che, oggi come allora, racconta la voglia di stare insieme con semplicità, gusto e affetti sinceri.
[Foto:Fabio Bernardini per Visit Tuscany]
Messere, io non vorrei che voi credeste che il gran fiasco stamane m'avesse spaventato; ma, parendomi che vi fosse uscito di mente ciò che io a questi dì co'miei piccoli orcioletti v'ho dimostrato, ciò questo non sia vin da famiglia, vel volli staman raccordare. Ora, per ciò che io non intendo d'esservene più guardiano tutto ve l'ho fatto venire: fatene per innanzi come vi piace.
Messer Geri ebbe il dono di Cisti carissimo e quelle grazie gli rendè che a ciò credette si convenissero, e sempre poi per da molto l'ebbero e per amico.
[Boccaccio, Decameron. "Cisti fornaio"]