Aqua di Venus, Toscana rosa
Potrebbe essere il colore, il fulcro della seduzione. O il profumo, un ricamo al tombolo. O il sorso volitivo e gentile nello stesso tempo. O potrebbero essere tutti questi i protagonisti dell'attrazione fatale che ha trasformato il progetto Aqua di Venus in un successo improvviso. Produzione esaurita, programmi da rivedere, strategie da adattare. Tutto con segno positivo, e conferma che felici intuizioni e rigorosa programmazione sono combinazioni di grande valore.
Che cos'è dunque Aqua di Venus? innanzitutto, vino. Rosato, con una parte di Syrah, una di Sangiovese e una di Pinot Grigio, ad Indicazione Geografica Tipica Toscana. Uve di Maremma, in una composizione se non inedita certamente inusuale: e l'assaggiatore laico potrebbe scoprirlo ad occhi chiusi se unisse la forza e il calore, se collegasse il brio sanguigno e la sferza maliziosa, se si lasciasse vincere da sfumatura speziata e dal finale schioccante. Se non fosse distratto da quella bottiglia che sola vale il viaggio, piccolo capolavoro di artigianato seriale della Vetreria Etrusca: con quelle nervature sottili che vanno a perdersi dalle parti dell'etichetta come a ricordare la conchiglia di Saint Jacques o il trono della Venere di Botticelli per i più attenti.
Un mondo di rimandi, di riprese e rimbalzi che si fa vivo sulla tavola delle panzanelle e delle vignarole, delle fettunte e dei pesciolini marinati così come qualche pasta ben condita di salse vegetali, o formaggetti di breve riposo.
Una bottiglia che lascia il segno, letteralmente: il nome impresso sul fondo della bottiglia lascia una traccia delebile sulla tovaglia, un'impronta che lentamente si dilegua. Una riuscita metafora di una bevuta particolare assai.
Che cos'è dunque Aqua di Venus? innanzitutto, vino. Rosato, con una parte di Syrah, una di Sangiovese e una di Pinot Grigio, ad Indicazione Geografica Tipica Toscana. Uve di Maremma, in una composizione se non inedita certamente inusuale: e l'assaggiatore laico potrebbe scoprirlo ad occhi chiusi se unisse la forza e il calore, se collegasse il brio sanguigno e la sferza maliziosa, se si lasciasse vincere da sfumatura speziata e dal finale schioccante. Se non fosse distratto da quella bottiglia che sola vale il viaggio, piccolo capolavoro di artigianato seriale della Vetreria Etrusca: con quelle nervature sottili che vanno a perdersi dalle parti dell'etichetta come a ricordare la conchiglia di Saint Jacques o il trono della Venere di Botticelli per i più attenti.
Un mondo di rimandi, di riprese e rimbalzi che si fa vivo sulla tavola delle panzanelle e delle vignarole, delle fettunte e dei pesciolini marinati così come qualche pasta ben condita di salse vegetali, o formaggetti di breve riposo.
Una bottiglia che lascia il segno, letteralmente: il nome impresso sul fondo della bottiglia lascia una traccia delebile sulla tovaglia, un'impronta che lentamente si dilegua. Una riuscita metafora di una bevuta particolare assai.