Aperitivo: un rito moderno dal sapore antico
Così diffuso da diventare il pretesto di polemiche e gag comiche, così trasversale da essere un riferimento senza confini, così attraente da muovere le masse: il rito dell’aperitivo è la liturgia mondana della modernità. Tirato per la giacchetta dagli inventori di mode, ha dato luogo anche alla sua versione “dilatata”, quell’apericena che fa rabbrividire i linguisti e arricciare il naso ai benpensanti: ma è una realtà che viene assai di lontano.
Il nome di per sé non ha alcuna ambiguità: “aperitivus” è la radice etimologica latina che ricorda il gesto di aprire (lo stomaco) e quindi stimolare l’appetito, attività nella quale, nella Roma Antica, si indulgeva tanto quanto in quella contemporanea. Erano amati quegli stuzzichini che venivano consumati assieme al vino aromatizzato con il miele, non raramente diluito.
Ma è ancora più lontano nel tempo, perso tra storia e leggenda, il mito del Vinum Hippocraticum: a menzione niente meno del padre della farmacopea, il medico greco Ippocrate, proprio quello del giuramento. Egli soleva ammannire agli inappetenti un vino addolcito con il miele e aromatizzato con assenzio ed erbe, che conferivano alla bevanda un retrogusto amaro. Quest’ultima traccia è poi restata inalterata nel tempo perché anche oggi spesso i “drink” preparati per l’aperitivo si appoggiano a gusti amari.
In effetti l’amaro-speziato fu proprio il cardine della nascita dell’aperitivo moderno, quando sul finire del secolo XVIII nacque la bevanda alcolica a base di vino fortificato e spezie chiamata Vermut. E fu subito un successo planetario perché da lì si dispersero infiniti rivoli di bere “miscelato”.
L’aperitivo su base alcolica si diffuse rapidamente a partire dalle grandi città per divenire una consuetudine prima, quasi uno stile di vita poi: il dopo-lavoro, il relax, le chiacchiere, la socializzazione, il grande potere di facilitazione delle relazioni dell’aperitivo l’hanno trasformato in un vero e proprio rito laico al quale si partecipa volentieri e con gioia nelle sue frammentazioni: dall’happy hour alla citata apericena.
Interessante anche un riferimento legato proprio all’happy hour preserale: nel periodo del proibizionismo americano non si sarebbe potuto bene a tavola, per cui era divenuta prassi la consumazione di alcolici presso gli speakeasy – locali clandestini dove venivano letteralmente spacciati alcolici – prima di sedersi per la cena.
“aperitivus” è la radice etimologica latina che ricorda il gesto di aprire (lo stomaco) e quindi stimolare l’appetito, attività nella quale nella Roma Antica si indulgeva tanto quanto in quella contemporanea. Erano amati quegli stuzzichini che venivano consumati assieme al vino aromatizzato con il miele, non raramente diluito.